di Fabrizio Bercelli
L’articolo di Nannicini (Rivoluzione riformista – Non basta l’agenda Draghi per ridare un futuro al paese, Il Foglio, 22 ottobre 2021) è un profondo e accorato appello ai progressisti, un vero manifesto politico. Riassumo l’idea portante, che condivido con entusiasmo, e critico alcuni aspetti secondari.
L’idea forza
Noi progressisti – dice Nannicini – abbiamo tante buone proposte, ma ci manca un grande ideale che scaldi i cuori, come lo era “il sol dell’avvenir” dei socialisti e dei comunisti, dalla fine dell’ottocento a buona parte del novecento.
Pecchiamo oggi, e da molti anni, di strumentismo: “confondere, cioè, i mezzi con i fini, gli strumenti con gli obiettivi. […] Governo, crescita, merito, riforme: sono tutti strumenti, non obiettivi.”
Ad esempio, “l’agenda Draghi” è ottima, ma “non può essere confusa con un orizzonte politico. A meno che non si confonda il sol dell’avvenir con il bon ton istituzionale e la buona amministrazione.”
Giustissimo, secondo me. Qual è allora il nuovo ideale? La risposta di Nannicini è questa: “rendere universale ciò che [oggi] è solo per qualcuno. […] I diritti, le tutele, le opportunità o sono anche per l’ultimo della fila o, semplicemente, non sono”. E le scelte operative devono essere – aggiunge Nannicini – coraggiosamente coerenti con questo principio. “Insomma: emancipazione delle persone, soprattutto di chi ha condizioni di svantaggio, come obiettivo; radicalità delle proposte come strumento.”
Qualche nota critica
Qualche cenno critico su punti che Nannicini stesso accenna soltanto – tutto da approfondire discutendone.
1. Riguardo al “sol dell’avvenir” del passato, Nannicini privilegia i socialisti riformisti ed elogia Turati; sostiene però che il marxismo, nonostante fosse “fallace” e abbia “portato alla tragedia liberticida del comunismo”, ha tuttavia “fornito un afflato morale e un’idea di futuro che altri non avevano: è anche grazie a quel legame che i socialisti riformisti fanno le scarpe ad altre forze che si limitano a rivendicare una lista di riforme e diritti sindacali.” C’è forse del vero; ma qui Nannicini sottovaluta il peso dell’ideologia comunista, e del massimalismo ispirato a essa, nel denigrare la prospettiva riformista e nel contrastarne le misure operative. Quante volte la linea migliorista (tacitamente socialdemocratica) di Amendola, Macaluso, Napolitano e Lama è stata contrastata e sconfitta dalla retorica comunista di Togliatti, Ingrao, Cossutta, Berlinguer e Cofferati? Non è acqua passata, i cuori li scalda ancora Berlinguer (putroppo offuscando le menti), mica il felpato Napolitano.
2. Dice Nannicini: “chi si dice riformista non può non dirsi socialista”. Be’, socialista è un’etichetta troppo vaga e ambigua, e invecchiata male: l’hanno fatta propria Mussolini e Nenni, Berlinguer e Craxi. Lascerei perdere: forse è meglio che il nuovo vino non stia in botti anche gloriose, ma ammuffite.
3. Dice Nannicini: “la meritocrazia è un altro strumento confuso per [sic] obiettivo”. No, la selezione per merito, invece che per nascita, è un ideale rivoluzionario realizzato dopo secoli di lotte. Teniamocelo stretto.
4. Nannicini prova a immaginare misure concrete che realizzino ideali come “Un futuro dove chi lavora con impegno ha una vita piena”. Ma la prima cosa che gli viene in mente, “tutti gli investimenti di ricerca e gli incentivi fiscali alle imprese dovrebbero essere ripensati per favorire la “buona” automazione, quella che favorisce la domanda di lavoro di qualità e non quella che la riduce”, mi sembra un esempio di dirigismo velleitario e controproducente: come potrà mai lo Stato, cioè la politica, prevedere e stabilire quale automazione risulterà buona e quale cattiva? Ad esempio, un robot per la mungitura (Mungitura robotizzata – automazione della stalla – Lely) sarà automazione buona o cattiva?
Altre proposte operative sono meno opinabili, per quanto vaghe, come inevitabile in un documento del genere. Le più convincenti, a mio giudizio, riguardano la formazione: “una garanzia del reddito associata a servizi personalizzati di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro: un “reddito di formazione” […] è il momento di creare un sistema di formazione permanente di massa. Sottolineo: “di massa”.”
In conclusione
Un ideale che scaldi i cuori va espresso in poche parole, semplici e chiare, che evochino un futuro luminoso e non impossibile. Mica facile.
Eguali opportunità per tutti? Può piacere, ma non mi sembra una formula abbastanza onesta. Non solo i risultati (carriera, reddito, ricchezza, prestigio), neanche le opportunità di partenza potranno mai essere uguali per tutti, se non altro perché i genitori saranno sempre di qualità molto diversa, anche a prescindere dalla ricchezza. Però suona bene.
PIù opportunità per tutti? Opportunità di vita e lavoro migliori per tutti?Be’, se trovate qualcosa di più entusiasmante, dite.
A me poi agenda Draghi non dispiace affatto, per la concretezza di “agenda” e per quel che la persona di Draghi evoca – almeno a un borghese progressista e liberale (con trascorsi comunisti) come me. Ma capisco che non siamo tanti.