L’anno che verrà
di Tommaso Nannicini
Il 2020 è stato un anno terribile, duro, in cui una pandemia ha generato ansie e fragilità economiche, conficcando ferite profonde nel nostro cuore, individuale e collettivo. Ferite che faranno fatica a cicatrizzarsi: persone che se ne sono andate senza un saluto; sogni, lavori e investimenti che rischiano di non avere un futuro; bambine e bambini che hanno perso conoscenze e socialità fondamentali per crescere; disuguaglianze già intollerabili che si sono allargate; la solitudine di chi non aveva un tetto dove dormire e si è ritrovato anche senza un sorriso da incrociare; la solitudine di persone con disabilità che hanno subito la violenza dell’isolamento; la solitudine di chi non sa quanti anni avrà ancora per recuperare quegli abbracci che ti fanno sentire vivo, per recuperare quel senso di essere ancora utile al mondo trasferendo amore e conoscenze alle generazioni che sono arrivate dopo di te.
Ma il 2020 è stato anche l’anno in cui senso civico, fratellanza e consapevolezza di un destino comune si sono risvegliate in Italia e in Europa. Adesso, guardiamo con speranza al 2021, augurandoci che sia l’anno in cui sconfiggeremo la pandemia. E in cui quei semi di fratellanza germoglieranno e porteranno bei frutti. È una speranza fondata, non solo lecita. Sbaglieremmo, però, se non ci dicessimo la verità fino in fondo: il 2021 sarà un anno altrettanto duro. Ci saranno imprese che chiuderanno e altre che apriranno, rimboccandosi le maniche per disegnare mondi nuovi; ci saranno lavoratori che perderanno il posto di lavoro e altri che lo troveranno, rimettendosi in gioco, scommettendo sulle proprie capacità e magari spostandosi da dove vivono; ci saranno servizi e risposte da ripensare per chi è rimasto indietro.
Ci sarà, insomma, tanto da cambiare. E il cambiamento è faticoso, anche se poi ti regala quella gioia che solo le conquiste non scontate sanno donarti. A volte, ci sarà richiesto di lasciarci alle spalle alcune cose – modi di vivere e di lavorare – che ci hanno reso felici, ma che rischiano di portarci a fondo nello tsunami che ha colpito le nostre vite. E non sarà facile mantenere viva la consapevolezza di un destino comune di fronte non più a una pandemia, ma a un cambiamento le cui motivazioni dovremo trovare innanzitutto dentro noi stessi.
La politica sbaglierebbe se negasse la necessità di questo cambiamento, illudendo le persone che tutto potrà restare com’era prima solo grazie a una pioggia di miliardi (che tra l’altro non arrivano da Marte, ma che stiamo prendendo in prestito dalle giovani generazioni di europei e italiani, e che dovremmo spendere avendo loro in testa). La politica dovrà trovare il coraggio di guardare negli occhi le persone e dire la verità: “ci sarà tanto da cambiare e sarà faticoso, ma il nostro sforzo sarà quello di non lasciare nessuno da solo nella fatica del cambiamento”. Dovremo lasciarci alle spalle tatticismi, bonus temporanei e orizzonti troppo stretti. Dovremo investire su un welfare davvero universale, costruire servizi pubblici che raggiungano la vita delle persone, liberare le energie economiche e sociali del nostro stupendo Paese. Dovremo tornare a prenderci cura del nostro stato sociale, perché se vuoi favorire il rischio devi dare protezione: anche un acrobata disegna acrobazie spericolate solo se sa che sotto c’è una rete di salvataggio, che se cade l’unica cosa che deve fare è rialzarsi e riprovare.
Come ci racconta il Poeta qui sotto, “l’anno che sta arrivando tra un anno passerà, io mi sto preparando, è questa la novità”. Prepariamoci tutti insieme, per gli altri e con gli altri, che è il bello della politica. Benvenuto 2021. E viva il 2022!